Ha acceso la TV.
Guerra. Iran. Ucraina. Russia. NATO. Israele.
Missili lanciati, dichiarazioni rilasciate, bambini sepolti sotto le macerie che non fanno share.
Poi si è alzato, ha pisciato storto, e ha versato del whisky nel caffè delle 7:43.
“Ma sì, tutto normale,” ha detto.
Il Mondo ha un lavoro che odia, in un paese che sta morendo di vecchiaia e burocrazia.
Ha amici che non vede mai, conti che non tornano, una casa piena di cose inutili
e un cervello che ha dimenticato come si spegne la paura.
Il Mondo si sente forte a tratti, poi cade.
Pensa di reagire, poi accende Netflix.
Vorrebbe scappare, ma non sa dove.
Vorrebbe combattere, ma non sa chi.
Vorrebbe essere felice, ma non c’è più nessuno da cui impararlo.
e tutti stanno cercando l’accendino.
È che nessuno è al sicuro.
Né a Teheran, né a Milano.
Né col green pass, né col passaporto d’oro.
Né chi prega, né chi bestemmia.
Il Mondo non è sull’orlo di un precipizio.
Ci è già dentro fino al collo,
ma si ostina a scattarsi selfie con l’inquadratura giusta.
Allora ha finito il bicchiere.
Ne ha versato un altro.
E ha scritto su un foglio stropicciato:
Che almeno sappia chi mi sta puntando la pistola.
Che almeno possa sputare prima che mi chiudano la bocca.”
Poi ha messo giù la penna.
E ha ricominciato a vivere.
Senza certezze.
Ma con gli occhi aperti.