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MA NON TROPPO

Sai cosa fa davvero schifo?
Che abbiamo insegnato a leggere, sì.
Ma non a capire un cazzo.
Abbiamo riempito teste di parole come si riempiono sacchi della spazzatura: senza guardare dentro.
E ora ci ritroviamo in mezzo a un popolo che legge le scritte sulle porte del bagno, ma non sa leggere la vita.

Gente che ti sputa addosso opinioni come fossero bibbie, ma se gli metti davanti due righe con un pensiero un po’ più profondo, vanno in tilt.
È come dare una poesia a un tostapane.
Friggono. Bruciano. Sparano cazzate.

Ma no, non è solo colpa loro.
È colpa di chi li ha cresciuti a televisione e slogan.
Di chi gli ha detto che la scuola serviva solo a prendere un pezzo di carta.
Di chi gli ha insegnato a parlare, ma non a stare zitti e ascoltare.
Perché ascoltare fa male.
Fa pensare.
E pensare, in questo mondo di fango e velocità, è un lusso per pochi.

Mi dispiace, sì.
Ma non nel senso del buonismo da quattro soldi.
Mi dispiace con rabbia.
Mi dispiace come quando vedi uno che si spara in faccia e non sa neanche che l’arma è in mano sua.
Mi dispiace come quando un figlio cresce senza nessuno che gli dica che le parole possono salvarti la vita, se le sai usare.
Se le sai sentire.

Invece no.
Usano le parole come manganelli o come preservativi bucati: fanno solo danno.
Ripetono, copiano, gridano.
Ma dentro è vuoto.
Un silenzio gelido, profondo.
Come un frigorifero pieno di etichette e senza cibo.

E mi fa incazzare perché sotto tutto quel vuoto, lo sento che c’è qualcosa.
Una scintilla. Un’intelligenza dimenticata. Una fame.
Ma nessuno gliel’ha mai accesa.
Nessuno gli ha mai dato da mangiare davvero.

Siamo un paese che ha insegnato a leggere senza insegnare a capire.
Un paese che ti premia se dici la frase giusta al momento giusto, ma ti bastona se fai una domanda vera.
Un paese dove chi prova a spiegare viene zittito da chi urla più forte.
E dove chi non capisce ha paura di ammetterlo, allora finge.
Finge tutto il tempo.
E a forza di fingere, si dimentica com’è sentire per davvero.

Mi dispiace, sì.
Ma anche no.

Mi fa schifo. Mi fa pena. Mi fa rabbia.
E mi spezza qualcosa dentro.

Perché quando le parole non hanno più anima,
il prossimo passo è che non ce l’abbiamo più nemmeno noi.


— Carta Straccia

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