Di Daniel Graves • 1 giugno 2025

Introduzione
C’è un uomo, da qualche parte nel mondo, che ha guardato una cacca per terra e ha pensato: questa è una storia. Non ha distolto lo sguardo, non si è tappato il naso, non ha girato i tacchi. Si è fermato, ha osservato, ha prodotto la sua, l’ha fotografata. Questa è la storia de l’uomo che raccontò della sua merda.
Una provocazione necessaria
Serve un essere senza salvezza per fare una cosa del genere. Non un poeta, non un artista, ma uno che guarda il fondo del barile e ci vede uno specchio. Uno che della merda non ne parla per ridere, ma perché ci trova più senso che in molta narrativa.
La risposta alla pulizia ipocrita
Chi scrive di merda è una merda? Forse. Ma chi la ignora è già morto.
Tu non sei solo un uomo che ha cagato e pensato fosse un evento epocale. Sei peggio. Hai creduto che quella forma, quel vapore, fosse un’opera. E l’hai detto al mondo. E forse hai fatto bene.
FAQ
Chi è l’uomo del racconto?
È un personaggio simbolico che eleva un atto fisiologico a provocazione artistica.
Perché raccontare una ‘merda’?
Perché anche l’atto più basso può contenere una verità, se osservato con coscienza.
Qual è il messaggio centrale?
Che anche la merda può avere significato, se è fatta con intenzione e consapevolezza.
Conclusione
Nacque dal bisogno, visse per sfida, firmò con lo sfintere la sua verità. Disprezzato dai puliti, adorato dai sinceri: l’uomo che fece arte con la merda.