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Cronaca di un’umanità che non sa più stare in piedi da sola

C’è sempre stato, fin da piccoli, quell’essere molle.
Quel bambino che quando gli mostravi qualcosa che avevi tu, lui lo voleva subito.
Non perché gli piacesse.
Non perché gli servisse.
Ma perché tu ce l’avevi.
E lui no.

Non era desiderio. Era panico.
Il panico di non essere allineato. Di non essere incluso.
Di restare fuori dalla recita.


Sono passati trent’anni.
E ora quel bambino è un adulto.
Si veste come gli altri.
Parla come gli altri.
Pensa come gli altri.
Ride quando ridono tutti.
E si incazza solo se glielo dice un hashtag.

È lì, lo vedi nella foto.
Si aggrappa alla massa come fosse una coperta di sicurezza.
Abbraccia il nulla pur di non restare solo con se stesso.

Lo fa per paura.
Lo fa per fame d’approvazione.
Ma soprattutto: lo fa perché non ha mai imparato a vivere per conto suo.


Essere massa è il modo più comodo per non dover scegliere.
Per non dover rischiare.
Per non dover pensare.

Il pensiero critico?
Troppo difficile.
Meglio dire “hai ragione” a chi urla più forte.
Meglio condividere una frase fatta con lo sfondo montano e la scritta bianca.
Meglio fingere coscienza che affrontare davvero l’abisso di ciò che sei.

Il problema non è conformarsi.
Il problema è farlo senza neanche accorgersene.
Il problema è che, una volta entrati nel gregge, ci si convince di essere liberi solo perché ogni tanto si cambia direzione… insieme.

Essere massa significa vivere per imitazione.
Significa smettere di chiedersi “cosa voglio?” e iniziare a domandarsi “cosa si aspettano da me?
Significa morire un po’ ogni giorno nella media, nel mezzo, nel silenzio imbellettato del consenso passivo.


E non è colpa tua se sei così.
È che nessuno ti ha mai detto che puoi anche non esserlo.
Che puoi anche restare fuori.
Che puoi anche essere l’unico stronzo in piedi mentre tutti si inginocchiano.

Ma fa paura.
Perché essere massa ti tiene caldo.
Ti fa sentire giusto.
Ti fa sentire normale.
Anche se, dentro, lo senti benissimo quel vuoto che ti abita.
Quel nulla a cui ti aggrappi.

Ecco la foto.
Guarda bene.
Magari ci sei anche tu.
Magari sei proprio quello al centro.
Con la faccia tirata, gli occhi vuoti e le braccia serrate attorno all’ennesimo corpo indistinto.

Nessuno lo dirà.
Nessuno te lo sbatterà in faccia.

Tranne noi.

Carta Straccia.
Perché il nostro mestiere non è consolarti.
È ricordarti che puoi ancora staccarti.
E che se scegli di restare attaccato, allora è anche colpa tua.

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