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Croce addosso, amore avvelenato, pupazzo sfinito

Amami come una madre tossica

Eccola lì, la sacra icona della maternità patriarcale. Crocifisso sotto il cartello “MAMMA” come fosse una carica istituzionale, non un gesto umano. E tu, che ancora ti chiedi perché cazzo ti senti in colpa ogni volta che respiri un po’ più forte.

L’amore tossico ha la voce della mamma. Ti ha cucito il cuore con ago e filo, e ogni punto era una frase fatta: “Lo faccio per il tuo bene”, “Tu mi devi tutto”, “Senza di me saresti niente”. Cuore ricamato a forza, e tu che ringrazi pure. Come un cane bastonato che scodinzola.

Cresci dentro un teatrino pieno di cuori di cartone, dove il compleanno è una candela accesa sopra una torta che sa di cera e ricatto. Dove ogni gesto d’affetto è moneta da pagare a rate, con interessi emotivi. Dove l’amore è il cappio e il crimine è liberarti.

Ma nessuno lo dice. Perché la madre è sacra, intoccabile, immacolata. Anche quando ti spezza. Anche quando ti scava il cervello a forza di “brava bambina”, “maschio vero”, “fallito ingrato”. Ti educa al debito eterno. E quando finalmente provi a vivere la tua vita, la sua voce è ancora lì: “Dopo tutto quello che ho fatto per te…”

Il problema non sei tu. Il problema è chiamarlo amore. Chiamare amore il controllo, la colpa, la manipolazione. Chiamarlo affetto quando è proprietà. Quando ti rovina e poi pretende che sorridi. Come se la maternità fosse un alibi per ogni veleno. Come se chi ti ha dato la vita avesse il diritto di toglierla a pezzi.

Serve coraggio per amare bene. Ma serve ancora più coraggio per dire basta all’amore sbagliato. Anche se viene da chi ti ha messo al mondo.

– Carta Straccia

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