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Si è scavato la fossa da solo. Si è buttato dentro come se fosse un letto d’albergo.

Daniel Graves

Ha mandato a fanculo il mondo con un messaggio solo. Secco. Preciso. Come uno sputo in faccia. “Figli di puttana.” E poi ha cliccato “invia”. Fine.

Non per dire la verità. Ma per farsi notare.
Il problema non è il mondo. È lui.

Spoiler: finirà male. Ma tanto si capisce subito.

Daniel, smettila con la farsa. Non sei un personaggio, sei solo un vigliacco col nome d’arte.

Hai detto “è Graves, non io”. Ma Graves sei tu. Solo più truccato. Più codardo. Più finto.

Non hai fallito perché il mondo è cattivo. Hai fallito perché hai troppa paura di provarci davvero.

Hai fatto finta di cercare qualcosa. Ma non volevi trovare un cazzo. Perché se trovi, poi devi affrontarlo.

Non volevi una vita normale. Non volevi pace. Perché la pace ti fa schifo. Ti serve il caos. Ti serve fallire.

Inizi cento cose e molli tutto.
Ti annoi di tutto. Anche delle tue rivoluzioni.
Scappi. Sempre.

Vuoi fare il dannato, ma cerchi attenzione. Urli che non ti frega niente e poi sbirci se qualcuno ti guarda.

E sai una cosa? Non sei speciale.

Ce ne sono a milioni come te. Narcisi da discount. Fragili come vetro. Convinti che essere incasinati significhi essere profondi.

Dici che ci provi. Che vuoi cambiare. Ma non è vero. Ti muovi in tondo come un criceto stanco.

E appena vedi la luce… scappi. Ti manca il buio. Ti manca la merda.

Hai deciso che non c’è speranza. Perché è più facile. Perché così nessuno ti può dire che sei tu il problema.

E allora resta lì nel buco, Daniel.

Resta nella fossa. Nella tua storia triste. Nel tuo nome da film.

Brucia pure tutto quello che potevi essere.
Ma fallo senza poesia, stavolta.
Niente giustificazioni.
Niente fascino maledetto.
Niente romanticismo tossico.

E sì. Hai sbagliato tutto.
Ma almeno, cazzo, non ti sei mai piaciuto.

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