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Cammini con la Morte accanto e manco te ne accorgi

Ogni passo è una preghiera che nessun Dio ascolta.

Cammini. E intorno a te fioriscono i prati, le montagne ti sorridono col ghigno degli indifferenti. Il cielo è blu, il sole scalda, l’aria è pulita come una lama nuova. Ma dentro, fratello, dentro è un’altra marcia. Dentro cammini con la Morte nel fianco.

Non quella spettacolare da film d’azione. No. Quella vera. Quella che siede in silenzio, in una nicchia di pietra, con la falce poggiata sulle ginocchia e lo sguardo vuoto fisso addosso a te. Ti guarda passare come il pastore guarda le pecore: sapendo che prima o poi torni. E tu lo sai. Per questo preghi.

Non al Dio dei preti, dei vescovi, dei politici che sanno inginocchiarsi solo per le telecamere. Non al Dio che benedice missili e condona evasori. Preghi un Dio che non parla, ma ti guarda. Un Dio vestito di stracci e ossa, che non promette niente. Ti dice solo: “Cammina. Ma sappi dove portano i tuoi passi.”

Perché ogni prato, ogni fiore, ogni cima… sono belli, sì. Ma sono solo sfondo. Tu sei l’errore che li attraversa. La bestia a due gambe che distrugge mentre contempla. Il pellegrino che cerca salvezza dopo aver venduto l’anima al discount. E intanto la Morte resta lì, in silenzio. Non giudica. Non perdona. Aspetta.

Chi cammina non è salvo. È solo in fuga. Chi prega, non è puro. È disperato. Eppure c’è una grazia in tutto questo: Nel sapere che la falce arriverà anche per i padroni, per gli sfruttatori, per gli ipocriti in giacca e cravatta che sorridono dai pulpiti e dai talk show.

La Morte non ha partiti. Non fa sconti. Per questo è l’unica giustizia rimasta.

E allora prega pure, camminante. Ma non chiedere protezione. Chiedi lucidità. Chiedi coraggio. Per guardarla in faccia, quando verrà. E magari riderle in faccia, sputando l’ultimo respiro in segno di sfida.

Perché finché cammini, fratello, non sei ancora vinto. E nemmeno salvo.

Sei solo vivo. E basta. Che è già una bestemmia, di questi tempi.

Carta Straccia

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