
Mai, come questa volta, si tratta di carta davvero straccia.
Una legge che dovrebbe proteggere, ma viene piegata e usata come ombrello simbolico. Una misura d’emergenza che finisce per coprire ciò che non si vuole dire. Una firma in alto, un timbro in fondo, e in mezzo il vuoto.
Oggi – 2 luglio 2025 – è entrata in vigore un’ordinanza regionale che impone lo stop alle attività lavorative esposte al sole nelle ore più calde, dalle 12:30 alle 16:00. Si parla di tutela della salute, di cambiamento climatico, di prevenzione. Eppure, chi lavora davvero all’aperto, chi tiene un attrezzo in mano e cammina tra la polvere, sa che quella ordinanza è rimasta solo sulla carta.
Sulla carta: sospensione obbligatoria
La Regione stabilisce: nei cantieri, nei vivai, nei bordi delle strade e nelle cave, durante l’ondata di calore si deve sospendere il lavoro. È tutto giusto, tutto necessario. Ma quando leggi “ordinanza” mentre sei piegato dal caldo su una scarpata, capisci subito che quella carta non vale nulla. Almeno, non per te.
Sul campo: si continua lo stesso
Io ci lavoro, in quei posti. E oggi non si è fermato nessuno. I motori erano accesi, il sole batteva, i turni non sono stati spostati. Nessuna vera pausa. Nessuna ombra. Solo caldo e fatica, come sempre.
Eppure – lo so per certo – sono già partite le richieste. Istanze, comunicazioni, documenti ufficiali diretti agli enti appaltanti per dire che, a causa dell’ordinanza, i lavori subiranno ritardi. “Non per colpa nostra. Colpa del caldo. Della Regione. Dell’emergenza climatica.”
Il caldo: un alibi firmato
La sensazione, sempre più forte, è che questa ordinanza fosse attesa. Che qualcuno sapesse, o addirittura contasse sulla sua uscita per coprirsi le spalle. Perché proprio quest’anno sono piovuti lavori ovunque. Più del personale disponibile. Più di quanto si possa fisicamente fare. Ma se sai che a luglio puoi appellarti a un blocco climatico, allora firmi tutto. Tanto poi, se ritardi, la colpa è del meteo.
Nel frattempo, però, chi deve rispettare le scadenze, i metri, le giornate e i turni… è lo stesso che non ha diritto alla verità.
La forma salva solo chi sta all’ombra
Non c’è bisogno di urlare. Basta scrivere. “Abbiamo sospeso i lavori.” “Abbiamo tutelato i lavoratori.” La forma salva tutti. Ma sul campo, la gente lavora. E lavora lo stesso, anche quando l’ordinanza dice di no.
Chi ci rimette
Chi lavora. Chi suda. Chi non può dire di no. Chi ha una famiglia e non può permettersi di essere lasciato a casa. Chi viene caricato come una macchina e scaricato solo quando non serve più. Chi si sente dire che c’è l’ordinanza, ma nessuno gliela fa valere davvero.
Chi legge, forse, capirà. Chi ha firmato, forse, no. Ma chi ha usato quella carta per ripararsi dal sole, almeno una volta, sa che non vale nulla.
– una voce tra le corsie