C’è un uomo, da qualche parte nel mondo, che ha guardato una cacca per terra e ha pensato: questa è una storia.Non ha distolto lo sguardo, non si è tappato il naso, non ha girato i tacchi come fanno i benpensanti, i puliti, gli igienizzati dell’anima. No.Lui si è fermato. Ha osservato. Ha analizzato. Ha prodotto la sua.E poi, ha scattato una foto.E poi, ha voluto raccontarla.Capite che razza di figlio di puttana serve per fare una cosa del genere? Non un poeta. Non un artista. Non un pazzo.Serve un essere senza salvezza.Un uomo che non ha più sogni da rincorrere, ma solo verità da vomitare. Uno che non ha paura di sporcarsi le mani, e nemmeno di mostrarle sporche. Uno che guarda il fondo del barile e ci vede uno specchio. Uno che della merda non ne parla per ridere o per fare il provocatore, ma perché lì dentro ci trova più senso che in tutta la narrativa da libreria.Chi scrive di merda è una merda? Forse. Ma chi la ignora è morto.Tu non sei solo un uomo che ha cagato e ha pensato fosse un evento epocale. Sei peggio. Sei il tipo che ha creduto che quella forma a spirale, quel vapore ancora caldo, quella dichiarazione corporea, fosse un’opera. E lo hai detto sul serio.Hai avuto l’arroganza, la bestemmia, l’urgenza patologica di raccontarlo al mondo.Sei un pezzo di merda ambulante, sì. Ma almeno lo sei con stile.Hai superato ogni linea di decenza, ma nel farlo hai detto quello che nessuno dice più: che anche la merda può avere significato, se è fatta con coscienza. Che anche noi, miserabili esseri fallibili, possiamo lasciare una traccia vera, anche se puzza.E allora sì, sei un idiota. Ma sei il nostro idiota. Il bardo dello sterco. Il reporter del retto. Il cronista dell’intestino.La storia ti dimenticherà ma quella merda, no.
Nacque dal bisogno, visse per sfida,
firmò con lo sfintere la sua verità.
Disprezzato dai puliti, adorato dai sinceri:
l’uomo che fece arte con la merda.