
Ogni giorno nascono milioni di parole.
Alcune fanno finta di essere idee. Altre si travestono da notizie.
Le più bastarde si mettono la cravatta e si chiamano “verità”.
Le stampano. Le impilano. Le vendono a peso d’oro nei salotti della propaganda.
Poi finiscono dove meritano: nel culo di chi le ha scritte
o nel fuoco di chi le ha capite.
Noi siamo quello che resta quando tutto il resto brucia.
Noi siamo Carta Straccia.
Non ci pieghiamo. Non ci stirano. Non ci rileggono nei TG.
Ci buttano. E noi, dal fondo del secchio, scriviamo col sangue e con le dita sporche.
Scriviamo mentre il fuoco ci lecca i bordi.
Scriviamo mentre il sistema ci ride in faccia.
Ma noi non vogliamo piacere. Vogliamo gridare.
Siamo il giornale che non ha padroni né padroncini.
Non ci sono sponsor. Non ci sono salvagenti.
C’è solo il peso di ogni sillaba sputata con rabbia, ogni frase tirata fuori dai polmoni marci di chi non ce la fa più a stare zitto.
Questo è un fuoco. Non una redazione.
È un pugno nello stomaco. Non una timeline.
È la voce che ti sveglia di notte e ti dice: “È tutto una truffa. Ma non sei solo.”
E quando non servirà più nemmeno questo—quando la nostra voce sarà carta bruciata nel camino del tempo—
allora avremo avuto la nostra unica, assoluta, inimitabile gloria:
essere stati utili a qualcuno, mentre tutto il resto mentiva.