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Questa volta se ne andrà davvero

Un anno o due.

E poi magari torna.

Lascia anni di bottiglie vuote, canne storte, mattine sprecate a guardare il soffitto come se dovesse cadere giù da un momento all’altro.

Uno che stava a galla per caso, tra la birra e il niente, tra la rabbia muta e la vergogna cucita nella gola.

Poi ha preso un decespugliatore e ha cominciato a tagliare.

Non solo l’erba.
Anche le scuse. Anche la merda che si portava dentro.

Ogni centimetro di banchina, ogni cunetta ripulita, era una bestemmia contro la sua vecchia vita.
Un modo rozzo, sudato, sporco, ma vero, per dire:
non voglio crepare così.

E adesso se ne va.

Stavolta si, prende e vola via.

Non un paradiso.
Un’ipotesi. Un forse. Un “vediamo se riesco a salvarmi del tutto”.

Perché qui si è salvato a metà.
Si è rimesso in piedi, sì, ma coi piedi ancora nel fango.

Non lo fa per moda.
Non lo fa per le foto su Instagram.

Lo fa perché se resta, muore piano.
E lui ha già fatto abbastanza il morto in vita.

Forse tornerà, cazzo.
Con la coda tra le gambe?
No.
Con la testa alta, pure se fa male.

Perché a provare non si è mai dei perdenti.
I perdenti veri sono quelli che restano fermi e si inventano scuse.

E allora che vada.
Che vada col motore ancora nelle orecchie,
con il giubbotto arancione nell’armadio
e le ali nella schiena che nessuno ha mai voluto vedere.

Perché il problema non è che se ne va.
Il problema è che non siamo andati tutti.

© Carta Straccia – Tutti i diritti riservati.
Non per chi cerca redenzione, ma per chi ha già giocato tutte le sue carte.

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