Senti qua, poeta del fango. Tu che guardi una rosa in un vaso e ti emozioni. Tu che vedi bellezza ovunque, anche nella puzza. Bravo.
“Se guardi solo il fiore, ti perdi il fango”.
— Daniel Graves
È poetico, no? Ma è una fregatura col fiocco. Un modo elegante per non dire che sei cresciuto tra le mosche e adesso ci fai i brindisi.
Ti sei abituato alla merda, fratello. Talmente tanto che ora ci parli sopra con voce bassa, come se stessi confessando una verità cosmica. Ma non stai elevando un cazzo: stai solo cercando un motivo per giustificare la fogna da cui vieni.
E non sei solo. Viviamo in un mondo dove pure la sofferenza va impacchettata e venduta. Dove la depressione diventa arte concettuale e il dolore, marketing. Dove tutti devono essere “resilienti” — cioè imparare a sorridere mentre affogano.
Ma la merda resta merda.
Anche se ci pianti sopra una rosa.
Anche se ci scrivi una poesia.
Anche se la chiami redenzione.
Tu pensi di aver vinto. Pensi che vedere il bello nel brutto ti renda superiore. Ma la verità è questa:
Tu non sei guarito. Hai solo cambiato droga.
Prima ti facevi di rabbia, ora ti fai di significato. Prima bestemmiavi la vita, ora la trasformi in aforismi. Ma sotto sotto, sei ancora lì. Nella stessa latrina. Solo con un linguaggio più forbito.
Scrivi pure. Ma non fingere di essere pulito. Perché chi fa giardinaggio nella merda, alla fine, si sporca come tutti gli altri. Solo che poi se la racconta meglio.
Siamo tutti nel cesso, fratello.
Alcuni tirano lo sciacquone.
Altri ci vomitano dentro.
Tu… ci metti un fiore.
Ma la puzza non cambia.
– Carta Straccia