Lo trovai lì, spalancato sulla scrivania polverosa di un vecchio archivio dimenticato. Un libro logoro, rilegato con la colla della disperazione e la carta ingiallita di chi ha creduto troppo. Pagina quarantadue. Sempre lei. Il numero della risposta senza domanda. Il punto esatto in cui la vita smette di fingere e ti dice la verità in faccia, sputandoti negli occhi.
“L’unica logica che conta è questa: tutto va a puttane. Sempre.”
“E quelli che dicono il contrario stanno vendendo qualcosa. Di solito la tua anima.”
Lo lessi tre volte. Ogni volta faceva più male. Ogni volta era più vero.
Chi l’aveva scritto? Un filosofo impazzito? Un barbone con troppa lucidità? Un impiegato dell’INPS al suo ultimo giorno? Forse ero stato io, in un’altra vita, con la biro in una mano e il bicchiere nell’altra.
Camminai per la città con quell’eco nella testa. Tutti vendevano qualcosa. Speranza, benessere, motivazione, senso. Tutti con la bocca larga e le mani pronte a infilarsi in tasca. I politici con le loro promesse incartate come caramelle avvelenate. I preti con i loro paradisi posticipati a data da destinarsi. I manager con i loro mantra da quattro soldi sul successo e la resilienza. Venditori di fumo con le unghie curate e l’anima in saldo.
E poi c’eri tu. Tu che leggi.
Sì, tu.
Quante volte te la sei raccontata? Quante volte hai creduto che bastasse provarci, sorridere, pensare positivo? Quante volte ti sei convinto che bastava essere buono per ricevere giustizia, o onesto per essere rispettato?
La verità è che tutto va a puttane. Sempre. L’ordine è un’illusione. La morale un trucco da circo. Il merito un inganno per poveri che non sanno barare. E l’amore… l’amore è una trappola col profumo buono.
Quel libro non era un libro. Era uno specchio. Uno specchio brutto, senza filtri. Ti ci guardi e vedi il mostro che sei diventato cercando di piacere, di sopravvivere, di non impazzire.
Pagina 42. Lì dove la finzione crolla.
Il resto è carta straccia.
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